venerdì 29 aprile 2011

Santa Caterina da Siena - 29 Aprile


Tratto dalla Legenda Maior scritta dal beato Raimondo da Capua. In questo molto edificante stralcio della vita di santa Caterina troviamo:
- Carità verso gli infermi, fortezza contro il nemico, pazienza e umiltà
- La trasfigurazione
- La bevanda nauseante
- Le sante Stigmate e la bevanda divina
- Considerazioni e riflessioni


(CARITA' VERSO GLI INFERMI, FORTEZZA CONTRO IL NEMICO, PAZIENZA E UMILTA')
154. - Il nemico dell'uman genere intanto, vedendo che la santa vergine acquistava un cumolo di meriti con l'assistenza agli infermi, ed otteneva sul prossimo un abbondante frutto spirituale, escogitò un nuovo mezzo per stancarla. Ma la iniquità mentì a se stessa, perché tentanto di soffocare il frutto dell'albero piantato lungo il corso delle acque celesti, con l'assistenza del Signore, non fece che propaginarlo.
  Avvenne in quel tempo, che un'altra consorella del beato Domenico, chiamata Andrea (era costume in Siena di imporre nome di maschi anche alle femmine), cadesse ammalata di una ulcera cancrenosa al petto, la quale rodendo la carne intorno intorno e camminando a modo di granchio, le aveva mangiato quasi tutto il petto. Da quella orribile piaga esalava un feotre tanto puzzolente, che bisognava avvcinarsi a naso tappato; e perciò quasi nessuno voleva assistere o far visita alla malata.
Quando la vergine del Signore venne a saperlo, comprese che quell'infelice le era stata riserbata dal cielo, e andò subito a trovarla, la confortò col suo buon viso, e le offerse con gioia, finché durasse il male, i suoi servizi. Andrea accettò tanto volentieri, quanto più si sentiva abbandonata da tutti.
   155. - La vergine passò dunque a servire la vedova; la giovinetta alla vecchia; colei che languiva di amore per il Salvatore alla donna che languiva nel male; e non mancò la servente di fare di tutto, quantunque il fetore divenisse sempre più insopportabile. Le sta lì continuamente vicina, a naso aperto, senza dar segni di nausea; scopre la piaga, l'asciuga, la lava e la fascia con pannolini; non dà segno di ribrezzo; lascia passare il tempo senza noia, ne sente la gravezza dell'opera; tutto fa con graazia e lieta tanto, sì che la stessa, inferma, è tutt'occhi sgranati a guardare la costanza d'animo, la ricchezza di affetti e la carità della giovinetta.
   Ma il nemico dell'uomo e della virtù ricorse allora all'arte solita dell'inganno per annientare quell'atto di carità, che gli era odioso, e cominciò ad assalire Caterina.
  Un giorno, mentre aveva messo allo scoperto l'ulcera dell'ammalata, e ne usciva fuori un fetore più asfissiante del solito, non potendo il demonio rimuoverne la volontà che era fondata sulla pietra di Cristo, assalì il suo stomaco, il quale, per l'orribile puzzo, cominciò ad agitarsi e a muoversi al vomito. Allora la serva di Cristo se la prese con se stessa, e disse al proprio corpo: "Ah! Tu hai in orrore la sorella che è stata redenta col sangue del Salvatore, tu che potresti cadere nella stessa malattia od in una peggiore? Viva Iddio, non resterai impunita!". E subito, inclinata la faccia sul petto dell'inferma, accostò la bocca e il naso sull'orribile piaga e rimase in quella posizione finché non le parve che lo spirito avesse vinto l'indescrivibile nausea, e domata la carne, che si opponeva allo spirito. La malata grida "su su, figliola: smetti, o carissima figliola! Non infettarti su codesta orribile marcia!". Ma la vergine del Signore non si ritirò su, finché non ebbe vinto il nemico, il quale per un po' di tempo si nascose.
 156. - Il demonio avendo compreso che con la vergine non c'era nulla da fare, volse le sue macchinazioni infernali contro di Andrea, che trovò di mente poco ferma e indifesa.
  Egli, infatti, il seminatore di zizzania, cominciò a seminare nell'anima dell'inferma un certo fastidio di vedersi servire da Caterina. A quel fastidio piano piano crebbe tanto la cattiveria dell'animo, che l'uggia, poi, si tramutò in odio. Infatti, nonostante quella vedesse che solo la vergine poteva servirla ed assisterla, pure si manifestava il suo odio sotto forma di una gelosia fuor di misura.
   E' abitudine di chi odia, di propendere a creder male della persona odiata: per questo la vecchia inferma, ora più malata di mente che di corpo, fu portata dall'antico avversario a tal segno, da sospettare qualche magagna nella purissima vergine. Quando non era lì da lei, se la immaginava perpetrare chi sa quali nefandezze. Cadono così le anime incaute! Prima si annoiano delle buone opere del prossimo, delle quali in un primo tempo si sono rallegrate; poi lo odiano, e quindi ne giudicano male le opere, proprio come il vaticinio di Isaia, che disse: "Ciechi nella mente, chiamano male il bene e bene il male!" (Isaia, 5, 20).
Però la santa vergine rimase ferma come una colonna in mezzo a queste miserie, e tenendo sempre presente solo il suo Sposo, con ugual gioia continuava a servirla, e rispondeva, con forte pazienza all'antico avversario, dal quale vedeva originato tante difficoltà. Ma quel detestabile, quanto più Caterina accudiva lietamente d'ira la mente già cieca della vecchia malata, che giunse ad infamare di turpitudine l'innocentissima vergine.
  157. - La voce serpeggiò fra le suore, e alcune delle più anziane andarono dall'inferma per sincerarsi di quanto avevano udito; e questa, presa dal diavolo, confermò vergognosissimamente e bugiardamente le colpe della santa vergine. Infuriate, mandarono a chiamarla, e l'assalirono con insulti, rimproveri e con una quantità di grosse e male parole, chiedendole conto di come si fosse permessa di lasciarsi ingannare fino a perdere la verginità. Caterina rispose con pazienza e modestia: "Vi assicuro, o donne e consorelle mie, che per la grazia di Gesù Cristo, io sono vergine". Nè diceva altro contro quelle che continuavano ad umiliarla, e per rassicurarle tutte, non faceva che ripetere queste parole: "Vi assicuro che sono vergine. Credetemi che sono vergine".
 158. - Ciò nonostante continuò a prestare l'opera sua, e quantunque, non senza un grande dolore, avesse dovuto patire una simile infamia, tuttavia continuò a servire diligentemente la sua calunniatrice.
  Intanto, appena fu libera, corse nella sua cella e si mise a pregare dicendo più col cuore che con le labbra: "Onnipotente Signore e mio Sposo amatissimo, tu sai quanto sia delicata la fama di una vergine, e come il candore delle tue spose con troppo pericolo riceve qualunque macchia. Lo volesti anche tu che la tua gloriosissima Madre avesse uno Sposo putativo. Tu sai anche che tutte queste cose le ha inventate il padre della bugia per allontanarmi dal servizio che, per tuo amore, cominciai. Aiutami, adunque, o Signore, Dio mio, che conosci la mia innocenza, e non permettere all'antico serpente, annientato dalla tua passione, di aver forza contro di me". E pregava e piangeva. Alllora le apparve il Salvatore del mondo tenendo nella mano destra una corona di oro ornata di marcherite e di pietre preziose, e nella sinistra un diadema di spine, e le disse: "Figliola cara, sappi che è necessario che tu, diverse volte in diversi tempi, sia coronata con ambedue queste corone. Scegli, dunque, quella che più ti piace: o d'essere cioè coronata durante il corso di questa tua vita con la corona di spinte, ed io ti serberò l'altra nella vita senza fine; oppure di ricevere ora questa preziosa, e, dopo la morte, ti sarà conservata questa di spine". Lei rispose: "Io, o Signore, da molto tempo ho rinunziato alla mia volontà ed ho preferito di seguire solamente la tua; quindi la scelta non sta a me. Ma poiché tu vuoi che io risponda, ti dico subito che in questa vita scelgo di conformarmi sempre alla tua santissima passione, e di abbracciare per amor tuo le pene come mio refrigerio".
  Ciò detto, con tutte e due le mani tolse con ardore dalla mano del Salvatore il diadema di spine e se lo carlcò tanto sul capo, che le spine glielo perforarono da tutte le parti, e talmente, che, anche dopo la visione, me lo ha detto lei stessa, per le punture di quelle spine sentiva dolore al capo. Allora il Signore le disse: "Tutte le cose sono in mio potere: e poiché l'ho permesso io che succedesse questo scandalo, così io posso anche con facilità toglierlo di mezzo. Tu intanto persevera nel servizio cominciato, né cedere al diavolo, che non vuole che tu lo faccia; io poi ti darò piena vittoria sul maligno, così che quanto ha macchinato contro di te, ricadrà tutto sopra di lui, e sarà a tua maggior gloria". La serva del Signore rimase consolata e rassicurata.
   159. - In questo frattempo mamma Lapa era venuta a sapere delle chiacchiere che si facevano dalle suore sul conto della figliola per quello che aveva detto l'inferma Andrea. Perciò sebbene fosse certissima della purità della figliola, grandemente sdegnata contro Andrea, andò a trovare la vergine e,con l'animo gonfio, cominciò a dirle ad alta voce: "O non te lo dicevo sempre io di non servire quella vecchia puzzolente?  Eccotelo il premio che lei ti rende! Ti ha portato per bocca con disonore presso tutte le sorelle! Se continuerai a servirla e andrai a trovarla, non ti riconoscerò più per figliola". Anche questo avveniva a istigazione del nemico per impedirle quel santo servizio. Ma lei, udita la madre, disse umilmente: "O dolcissima mamma, per l'ingratitudine degli uomini lascia forse, Iddio di usare ogni giorno la sua misericordia verso i peccatori? E il Salvatore, mentre stava in croce, smise forse di operare la salute del mondo per gli improperii che gli si dicevano? Sappia la vostra carità che se io abbandono l'inferma, più nessuno le starebbe intorno e morirebbe di stento. Dobbiamo noi essere cagione della sua morte? E' stata messa in mezzo dal diavolo; ora forse sarà illuminata dal Signore e riconoscerà il suo sbaglio". Con queste ed altre parole ottenne la benedizione della mamma, e ritornò dall'inferma, e la servì contenta, come se questa nulla di male avesse detto di lei.
    Andrea rimase meravigliata, e non vedendoin Caterina nessun segno di turbamento, non poté negare d'essere stata superata da lei sotto tutti gli aspetti. Di qui cominciò a provare un occulto pentimento, che alla vista della perseveranza della vergine ogni giorno le si faceva sempre più vivo.
(LA TRASFIGURAZIONE)
   160. - Intanto il Signore ebbe misericordia della vecchia, e volendo onorare la sua sposa, mostrò a quella una visione. Un giorno parve all'inferma che mentre l'ancella di Cristo le entrava in camera e si avvicinava al suo letto, si diffondesse dall'alto intorno allo stesso letto una luce così piacevole e consolante, da farle dimenticare il suo miserabile stato. Non potendo comprendere la causa di una simile novità, guardava qua e là, quando vide il volto della vergine trasfigurarsi e trasformarsi in modo, che non pareva più la Caterina figliola di Lapa, ma una maestà angelica. Quella luce, poi, l'avvolgeva come un manto. A veder ciò, Andrea cadde in grande afflizione, riconoscendo intimamente di aver sciolto la lingua maledia contro una vergine tanto meravigliosa. La visione, che fu veduta dagli occhi svegli dell'inferma, durata qualche temop, finalmente, come era venuta, svanì.
   Sparita la luce, la vecchia, rimase insieme consolata e triste, ma di quella tristezza che, secondo l'apostolo, fa i giusti (Corinti, 7, 10). Così dopo poco, affannosamente piangendo, chiese perdono alla vergine, confessando di aver peccato gravemente infamandola contro ogni giustizia. Parve pertanto che quella luce visibile avesse portato con sé una luce invisibile, per la quale l'inferma poté riconoscere gli inganni che satana le aveva teso. La vergine del Signore si gettò allora nelle braccia della sua calunniatrice, usò tutti i mezzi per consolarla, l'assicurò che non l'avrebbe abbandonata, e che non si sentiva offesa per niente. Le disse: "Dolcissima madre, io so che il nemico dell'uman genere ha perpetrato tutti questi scandali, ed ha ingannato la vostra mente con illusione perfetta; quindi non a voi, ma a lui ho io qualcosa da imputare. Quanto a voi, io vi debbo ringraziare, perché, come un'ottima amatrice, vi siete data cura di difendere la mia onestà". Consolata con queste parole, e te rminato con diligenza il solitos ervizio, per non perdere tempo inutilmente, se ne ritornò alla propria cella.
   161. - Andrea, che ora riconosceva sinceramente la propria colpa, a quanti andavano a trovarla confessava fra i singhiozzi e le lacrime di avere sbagliato e quanto! perché messa su con inganno dal diavolo. Si accusa rea e dichiara francamente a voce alta, che la vergine calunniata non solo è pura, ma santa e ripiena di Spirito santo e asserisce di averne le prove. Alcune delle presenti le domandarono in segreto e con serietà come le risultasse quanto asseriva intorno alla vergine; con trasporto e fermezza rispose di non aver mai provato né saputo che fosse la soavità di mente e la consolazione spirituale, se non quando aveva veduto la vergine trasformata, e circonfusa di luce indicibile. E insistendo quelle nel domandarle se avesse veduto tutto coi proprio occhi, rispose di sì, ma diceva di non poter trovar parole adatte per descrivere la bellezza di quella luce e la dolcezza che in quei momenti sentiva nell'anima.
   Così la fama di santità di Caterina cominciò a diffondersi fra gli uomini e ad accrescerti: e dove l'antico avversario credette e si sforzò di ingannarla, fu costretto in certomodo ad esaltarla cooperando lo Spirito santo.
   Dopo questo avvenimento, la santa vergine, che non poté essere abbattuta nelle avversità, non si insuperbì nel tempo felice, e continuò senza posa l'opera di carità, applicando tutto l'animo alla conoscenza del proprio niente. Colui che è la premia, ma il nemico insaziabile, il quale si può vincere non uccidere, torna di nuovo ai primi attacchi er abbattere col male di stomaco la trionfanta guerriera.
(LA BEVANDA NAUSEANTE)
162. - Un giorno l'ancella di Cristo, tolse le fasce dalla piaga spaventosa di Andrea, per lavarla e pulirla, fu ammorbata a un tratto, non tanto per effetto naturale quanto per opera del nemico, da un puzzo così insopportabile, che le sue interiora si commossero, e una gran nausea le sconvolse lo stomaco. Questo dispiacque molto alla vergine del Signore, perché in quei giorni di ripetute vittorie ottenute con la grazia dello Spirito santo, aveva raggiunto perfezioni nuove di virtù, per cui, adirandosi santamente col proprio corpo, gli disse: "Viva l'altissimo Sposo dolce dell'anma mia: quello che tanto aborri, entrerà nelle tue viscere!". Quindi raccolse in una scodella la fetida lavatura della piaga insieme con la marcia e voltasi un poco per non farsi vedere dall'inferma, la bevve tutta. Ciò fatto la tentazione della ripugnanza passò.
Quando incidentalmente mi fu raccontata la cosa, Caterina era presente, e mi ricordo che lei mi disse sottovoce e in segreto: "Da che sono al mondo, non ho gustato mai un cibo e una bevanda più dolce e squisita di quella". Una cosasimile l'ho trovata pure descritta nelle carte di fra Tommaso, suo primo confessore, il quale annota come la vergine gli avesse confessato di aver sentito un soavissimo e gratissimo odore, quando aveva, accostato la bocca alla piaga di cui abbiamo detto sopra.
   Io non so, o lettore, che peso darai a quanto ho detto, ma finito il racconto, io aggiungerò in breve quello che il Signore mi suggerirà.
(SANTE STIGMATE E LA BEVANDA DIVINA)
   163. - Essendo, dunque, state concesse alla sposa tanto graziosamente dal suo Sposo tali vittorie, dopo quest'ultima, la notte seguente, mentre lei se ne stava in preghiera, le apparve il Salvatore e Signore Gesù Cristo, con impresse nel corpo le cinque santissime piaghe, che una volta, sopportò crocifisso per la nostre salute, e le disse: "Diletta mia: tante battaglie hai combattuto per amor mio, e tutto con l'aiuto mio, fino a qui, le hai vinte. Per questo mi sei divenuta grata e accetta. Ieri, mi piacesti in modo speciale, perché non solo disprezzasti le lusinche del corpo, non solo non ti curasti delle supposizioni della gente e superasti le tentazioni del nemico, ma perché, annientando la natura del tuo corpo per l'ardore della mia carità, bevesti con allegrezza questa stomachevole bevanda. Io, dunque, ti dico: poiché con quell'atto hai superato la tua natura, io ti darò una bevanda che supera ogni natura e consuetudine umana". E ponendo la mano destra sul collo virgineo di lei e accostandosela alla piaga del proprio costato, le sussurò: "Bevi, o figliola, la bevanda del mio costato, con la quale l'anima tua si riempirà di una tale dolcezza, che ne risentirà mirabilmente anche il corpo che per me disprezzasti". E lei, a ritrovarsi vicina a quel modo alla sorgente della fonte della vita, mise sopra alla santissima ferita le labbra del corpo, ma molto più quelle dell'anima, e bevve a lungo con avidità e abbondanza una bevanda ineffabile ed inesplicabile. Finalmente, ad un cenno del Signore, si staccò da quella fonte, sazia e insieme assetata. Ma una simile sazietà non le generava noia, né pena la sete.
   O Signore d'ineffabile misericordia, quanto sei dolce a chi ti ama, e quanto soave a chi ti gusta! Ma quanto più a coloreo che abbondantemente bevono di te! Infatti, la bevanda più presto e più facilmente si inghiottisce, e con più facilità si converte nella sostanza di chi la prende. Io penso, o Signore, che né io né gli altri che non lo provarono, ne possiamo dare un giudizio adeguato. Sono cose ignote per noi, come i colore a un cieco e la musica a un sordo. Ma per non essere del tutto ingrati, noi consideriamo e ammiriamo, secondo che possiamo, le grazie che liberamente concedi ai tuoi santi, e ringraziamo la tua Maestà secondo le nostre forze.
  (CONSIDERAZIONI E RIFLESSIONI)
164. - Ti raccomando, o lettore, di porre la tua attenzione su questo fatto di straordinaria virtù della nostra meravigliosa vergine. Sì, guarda la grande carità che la spinse a disimpegnare un servizio tanto ingrato ai sensi del corpo. Riguarda, te ne prego, il favore della stessa carità, col quale lei perseverò nel servizio, nonostante la naturale ripugnanza della carne. Osserva, te ne supplico, la forma e impareggiabile costanza, che non poté essere sopraffatta da una turpissima diffamazione, né scorata dal modo di fare odioso di quella mala lingua. Considera finalmente l'anima fissa in Cristo, che non si insuperbisce della lode, e che, sopra le forze della carne e contro natura obblica il suo stomaco a ingoiare ciò che l'occhio non può nemmeno guardare. Cose simili credo che non siano da tutti, ma neanche da pochi, specie oggi, perché quelli che potrebbero fare tali cose, son divenuti più rari della fenice.
   Ammirate ora l'effetto, che è sorprendente.
Presa la bevanda dal costato del SAlvatore, si diffuse nell'anima della santa vergine una tale abbondanza di grazie, che il corpo stesso ricevendone l'affluenza, non cercò da allora in poi più cibo, né avrebbe potuto prenderlo, come dimostreremo in seguito per filo e per segno.
  Chiuso il presente capitolo, che è riuscito un po' lungo.
Ma la lungaggine non ne diminuisce l'importanza.
   Non ripeto i nomi dei testimoni, perché li ho già citati.
Però, tanto per il presente che per il futuro, protesto che quello che scrivo o me lo ha confessato Caterina, o l'ho trovato fra gli scritti di fra Tommaso, suo primo confessore, o l'ho saputo dai frati del mio Ordine, e da donne degne di fede, le quali furono consorelle di lei, e che ho già nominate. Quando sarà necessario, tornerò di nuovo a citarle.

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